Articolo a cura di Giuseppe Valvo, consulente del debito Rexpira
Cosa succede quando una società viene chiusa?
A chi compete il risarcimento di eventuali debiti contratti da quella società e cosa rischiano i soci?
Possiamo affermare con certezza che si tratta di una questione affrontata numerose volte dagli organismi giudiziari italiani e la sentenza a cui si fa maggiormente riferimento in questi casi è quella emessa dalla Corte di Cassazione nel 2013.
Nel momento in cui una società viene cancellata dal registro delle imprese, di fatto, non sussiste più. In poche parole, quella società muore e proprio come accade per le persone decedute, anche la società avrà degli eredi, che nella pratica saranno i vecchi soci. Per l’ordinamento italiano, dunque, gli eredi della società estinta, ossia i soci, erediteranno qualsiasi rapporto ancora in pendenza al momento della cancellazione della società dal registro delle imprese. Ciò significa che i soci andranno ad ereditare eventuali crediti e debiti contratti dalla società estinta. Nel caso in cui la società risulti creditrice, in seguito alla sua chiusura, automaticamente ai soci sarà garantito il diritto di riscuotere tale credito. Al contrario, se tale società sia debitrice nei confronti di terzi, il soggetto creditore potrà legittimamente rivalersi sui soci notificando un decreto ingiuntivo per il pagamento delle somme dovute, sebbene quella società non esista più sul registro delle imprese.
Cosa rischiano i soci?
Naturalmente è lecito domandarsi in cosa possa consistere la responsabilità dei soci per i debiti accumulati dalla società. Ebbene, la risposta non è univoca e dipende dalla tipologia della società che è stata chiusa: infatti il regime di responsabilità dei soci cambia in base al fatto che si abbia a che fare con società di persone, come le Snc, le Sas o le Società semplici, o le società di capitali, come le Srl, le Spa e le Sapa.
Per le società di persone i soci per risarcire un debito contratto saranno, eventualmente, costretti ad attingere al proprio patrimonio personale, con i creditori che potranno richiedere il pignoramento dei loro beni, se la società è nullatenente. Con le società di capitali, i soci sono tutelati e non vedranno mai a rischio il loro patrimonio personale. Infatti qualora una società di capitali dovesse indebitarsi, i soci perderanno solamente i fondi versati al momento della stipula dell’atto di costituzione della società medesima e i versamenti di capitale avvenuti in seguito. I soggetti o gli enti creditori pertanto potranno rivalersi esclusivamente sui beni appartenenti alla società chiusa, come conti correnti, beni mobili o immobili, ma non avranno il diritto di pignorare il patrimonio materiale dei soci. E se quella società di capitali dovesse risultare senza alcun bene, ai creditori non rimane altro che chiederne il fallimento.
Questa duplice distinzione è valida anche al momento della chiusura della società, infatti, con l’estinzione di una società di persone i soci continuano a veder messo a rischio il proprio patrimonio personale e, dall’altro lato, per una società di capitali, i soci saranno responsabili solo nei limiti delle proprie quote e, ad ogni modo, al di sotto di un tetto massimo pari a quanto a loro corrisposto successivamente all’ultimo bilancio di liquidazione. E se dopo tale bilancio i soci non avessero ottenuto nessun corrispettivo, nella pratica, questi non rischieranno nulla.
Per le società di persone, dunque, i debiti vengono trasferiti in capo ai soci ed è quanto è stato stabilito dalla sentenza n. 6017 del 2013 promulgata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
Chi risarcisce i debiti fiscali di una società chiusa?
Solo le società di capitali, e solo quando queste abbiano contratto debiti con il fisco, nonostante siano state cancellate dal registro delle imprese, continueranno ad essere considerate “vive” dall’Agenzia Entrate Riscossione, la vecchia Equitalia, che per altri cinque anni avrà facoltà di portare la società dinanzi al giudice o richiederne il fallimento. Tuttavia, per la richiesta di fallimento, il creditore, come anche il fisco italiano, ha a disposizione un solo anno di tempo da quando la società è stata eliminata dal registro delle imprese. E se la dichiarazione di fallimento da parte del tribunale non sopraggiunga entro l’anno, la società cancellata non potrà più essere dichiarata fallita, nonostante la richiesta del creditore sia pervenuta nei limiti temporali previsti dalla legge. Lo stesso vale per il fisco: se il tribunale non dichiara fallita quella società chiusa entro un anno, l’Agenzia Entrate Riscossione non potrà più richiedere la fallibilità per quella determinata società, nonostante questa sia considerata ancora in vita fino a cinque anni dalla chiusura.
A questo punto, al fine di non rischiare il tuo patrimonio personale o quello della tua società, ti invitiamo, prima che sia troppo tardi a rivolgerti a dei professionisti del debito: noi di Rexpira possiamo aiutarti a chiudere i tuoi debiti una volta per tutte e così sarai in grado di tornare ad essere sereno. E con te, anche la tua società, che con tanta energia, impegno ed entusiasmo hai costruito.